Relazione Uomo-Cavallo: un rapporto in continua evoluzione (Parte 1: il racconto di una mia esperienza).

Nel momento in cui sto buttando giù queste poche righe, sono qui seduta nella morbida paglia del box, con accanto il mio fedele cane Akira, ad osservare la realizzazione di un sogno: la mia cavalla e la sua piccola puledrina di soli 4 giorni. 

Ho deciso di scrivere questo articolo o meglio racconto di una esperienza, dopo averne vissuta una che mi ha segnato profondamente e mi ha fatto molto, molto, riflettere: la nascita, per l’appunto, di Arizona.

Non è il primo puledro per me e non è il primo parto, ma non ritengo di avere sufficiente esperienza in tal campo se non in termini esclusivamente etologici (cure parentali, comportamento del puledro e della fattrice).

La sera del 25 aprile, Niya, ha deciso che era arrivato il momento di mettere al mondo Arizona. Un parto difficile, una zampina che non voleva uscire e una mamma talmente spaventata da ciò che stava succedendo che, invece che sentirla sua, ha tentato ripetutamente di calciarla e caricarla.

Ciò che era un meraviglioso sogno, stava per diventare un terribile incubo, ma la relazione tra me e la mia cavalla ha fatto la differenza.

Il tempismo ha fatto la differenza. L’avere il coraggio di correre quel rischio ha fatto la differenza. Sono riuscita a fare quella “manovra”, che ha riposizionato correttamente Arizona.

Il primo enorme problema era stato risolto, ma qualcosa mi diceva che non era finita li.

Conosco la mia cavalla, conosco il comportamento equino in generale, comprendo molto velocemente i segnali che i cavalli lanciano, per fortuna gli anni di esperienza in questo campo hanno giocato a mio favore. Ma ancora di più, conoscevo molto bene quello sguardo, quella postura, quei muscoli così terribilmente contratti. Temevo quello che da lì a poco sarebbe successo: mentre asciugavo la puledra ancora a terra, ecco che Niya sferra il primo calcio verso di lei.

Prendo immediatamente in mano io la cavalla e cerco di farla avvicinare, ma niente. Non vuole annusarla, calcia, raspa, la carica. Ho incassato tante di quelle botte per proteggere la puledra…

Sapevo esattamente cosa stava succedendo, qualsiasi manuale di etologia più o meno completo può dare una spiegazione a quel comportamento, ma sul campo bisogna trovare una soluzione rapida ed efficace, ed io dovevo trovarne una il più rapidamente possibile.

Ho iniziato ad ascoltare solo ed esclusivamente il mio sentire, rischiando ancora…

Sentivo che Niya in quel momento aveva bisogno di me e di tempo per capire cosa doveva fare. Sapevo che in un modo o nell’altro l’avrebbe accettata anche se era fuori controllo, sentivo che quei comportamenti innati legati alle cure parentali prima o poi sarebbero scattati, dovevo solo trovare il giusto modo di aiutarla a capire, impedendogli però di fare del male alla puledra. Non sto a raccontarvi tutto quello che è successo, scriverei pagine e pagine il che potrebbe anche annoiarvi, ma posso dirvi che ad un certo punto, il nostro rapporto ha cambiato le carte in tavola: se negli anni non avessi costruito quel rapporto con la mia cavalla, una cavalla che già di natura difficilmente si affida e si concede alle persone, con un carattere molto forte e determinato, non avrebbe voluto vicino nemmeno me, non mi avrebbe permesso di aiutarle.

Sono riuscita a tranquillizzarla, con la mia voce e con la mia presenza cosicché, diversi minuti dopo, seguendo la mia mano ha iniziato ad avvicinare il muso alla sua puledra.

I comportamenti a seguire sono stati un concatenarsi di emozioni e azioni innate, la stava sentendo sua.  Di lì a poco Arizona si è messa in piedi (per fortuna i due calci ricevuti non l’avevano compromessa), vogliosa di prendere il latte dalla mamma, una mamma che stava iniziando ad accettarla.

Per il momento Niya fa avvicinare solo me (e il mio cane a quanto pare) alla sua puledrina. In questi giorni le osservo molto e ho potuto notare una Niya diversa, molto più matura, posata, consapevole, risultando nei confronti di Arizona  premurosa, attenta e amorevole. Chi l’avrebbe mai detto? Io sicuramente!

Dopo tutto questo vortice di emozioni ho preso del tempo per riflettere. La mia scuola di equitazione e il mio metodo di educazione e addestramento, si fondano principalmente sulla costruzione di una relazione con il cavallo e, domenica, ne ho compreso ancora più nel profondo l’importanza.

Oggi più che mai voglio raccontarvi la mia esperienza, affinché si comprenda quanto sia fondamente che tra uomo e partner equino vi sia una relazione e quanto questa sia un'importantissima variabile che va ad incidere fortemente sul comportamento del cavallo stesso (nel bene o nel male). 

Nel prossimo articolo Relazione Uomo-Cavallo: un rapporto in continua evoluzione (Parte 2) vedremo insieme come strutturare e creare una relationship con il nostro partner equino. 

©Elena Cammilletti

2 pensieri su “Relazione Uomo-Cavallo: un rapporto in continua evoluzione (Parte 1: il racconto di una mia esperienza).”

  1. Grazie per aver condiviso questa vostra esperienza. Sei riuscita a trasmettere tutto il carico emotivo, la paura sconfitta dal sapere e dalla capacità di gestire lo stress. Continuo a sostenere che hai delle capacità innate che ti porteranno ancora piu in alto.
    La relazione con i cavalli é la base di quello che hai insegnato a me. Il capirsi senza parlare usando solo energia sicurezza ed emozioni. Attendo la seconda parte!
    Grazie. Tu e i tuoi animali insegnate come si deve vivere.
    Un abbraccio